martedì 20 aprile 2010

NATI CON IL COMPUER - giovani architetti americani

ALLA RICERCA DI NUOVI TERRITORI

di Donatella Finelli



Christian Pongratz & Maria Rita Perbellini (a cura di),

NATI CON IL COMPUTER - Giovani architetti americani

Universale di Architettura, collana diretta da Bruno Zevi, n. 71 (pp.96)


Nati con il computer è un tentativo di indagare gli effetti che la “Rivoluzione Informatica” sta avendo sul nostro modo di vivere, riconsiderando in particolar modo il posto che oggi occupa l’architettura nell’ambito dell’innovazione tecnologica, dei media e delle telecomunicazioni.

Christian Pongratz & Maria Rita Perbellini studiano gli architetti della generazione che si è affacciata sulla scena americana negli ultimi cinque anni del XX secolo, restringendo la selezione a un ristretto gruppo di architetti, americani per origine o per formazione culturale, fortemente coinvolti nell’elaborazione computerizzata dell’architettura.

Si tratta, infatti, di progettisti che si sono affacciati al mondo della ricerca architettonica quando lo strumento digitale era ormai entrato a far parte del paesaggio della vita quotidiana, influenzando il loro rapporto con il computer. Rispetto alla generazione precedente, che utilizzava le nuove tecnologie solo come un supporto alla progettazione, i nuovi architetti utilizzano il computer come propulsore evolutivo e forza generativa da applicare alla complessità degli ambienti costruiti e virtuali. Essi instaurano un nuovo rapporto con il contesto urbano, non più concepito come luogo di resistenze, di collisione o giustapposizione, bensì come un’esperienza sociale comune; la città non è più vista solo come ambiente costruito, ma anche come evento che include i media, non rispettando la tradizionale barriera o ogni altra limitazione spaziale. E' inutile specificare che ci troviamo di fronte ad una fase estremamente sperimentale, in cui gli approcci ed i risultati non sono ancora ben identificabili e variano estremamente.

Accomunati dagli stessi riferimenti culturali i dieci gruppi giungono a risultati diversi, che gli autori, raggruppano in due principali filoni: l’architettura della De-formazione e l’architettura della In-formazione. La prima vede come protagonisti architetti quali Karl Chu , Greg Lynn , Reiser + Umemoto e Nonchi Wang; questa tendenza consiste in un approccio puramente formale, in cui lo strumento digitale viene utilizzato per manipolare e deformare le superfici, generando sistemi topologici fluidi e malleabili, svincolati dal limite della geometria euclidea. La seconda, invece, è espressa da studi di architettura come Denari Architecture, Diller + Scofidio, Winka Dubbeldam, Marcos Novak, Asymptote Architecture e Thomas Leeser; questo filone ridefinisce lo spazio attraverso il confronto tra architettura e media, creando ambienti fisici adattabili e tattili e proponendo un’integrazione continua di informazione, tecnologia e utenti, che genera delle ipersuperfici, involucri sensibili senza fine né limiti.

Essere nati quando un oggetto o una tecnica è già parte del paesaggio della nostra vita caratterizza la nostra visione del mondo e delle cose? Questa è la domanda a cui questo libro ci invita a rispondere. In realtà giungendo alla fine di questo percorso di 96 pagine non si ottengono risposte né soluzioni; Pongratz e Perbellini non vogliono chiarire né tantomeno esprimere un giudizio su questa varietà di idee e di esperimenti, ma vogliono mettere in risalto una solo cosa: c’è una generazione di giovani architetti che sta cercando in nuovi territori.

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